07 Mar Artemisia Gentileschi: la prima donna ammessa all’Accademia delle Belle Arti e icona del femminismo moderno #31donnechehannocambiatoilmondo
Artemisia Gentileschi, prima donna pittrice italiana di scuola caravaggesca ad essere ammessa in una Accademia di Belle arti, è un’eroina femminile che prende forma dall’intreccio della sua storia professionale e personale, dopo uno stupro subito dal suo maestro, ed il suo coraggio, la sua audacia e la sua fermezza nel denunciare ed affrontare il pesante processo che segnerà tutta la sua vita, ne hanno fatti una eroina femminista anti litteram.
Artemisia è stata una grande artista, originale e autorevole, la prima che ha dipinto volti femminili autentici, strappati alle interpretazioni maschili di mero oggetto sessuale, divenendo pura interprete del femminino.
“Artemisia Gentileschi nasce a Roma nel 1593, primogenita del pittore Orazio Gentileschi e di Prudenzia Montone, morta di parto quando Artemisia ha solo dodici anni. Artemisia dimostra sin da piccola uno spiccato talento pittorico che matura nello studio del padre, già esponente di primo piano del caravaggismo romano. Nella importante bottega di Orazio lavorano, con Artemisia e altri pittori, anche i suoi sei fratelli.
La sua attività presso la bottega del padre termina in seguito al processo avvenuto nel 1612, voluto da Artemisia e dalla famiglia in seguito alla violenza di Agostino Tassi, suo maestro di prospettiva, che al tempo della vicenda era impegnato, insieme a Orazio, alla decorazione di Palazzo Pallavicini Rospigliosi a Roma.
La sua attività presso la bottega del padre termina in seguito al processo avvenuto nel 1612, voluto da Artemisia e dalla famiglia in seguito alla violenza di Agostino Tassi, suo maestro di prospettiva, che al tempo della vicenda era impegnato, insieme a Orazio, alla decorazione di Palazzo Pallavicini Rospigliosi a Roma.
Dal processo il Tassi esce praticamente indenne, mentre i Gentileschi devono subire pesanti condanne morali, oltre alla crudezza dei metodi inquisitori del Tribunale: Artemisia accetta di testimoniare sotto tortura, di provare la sua verginità precedente allo stupro, e viene sottoposta alla sibilla, supplizio progettato per i pittori, che consiste nel fasciare loro le dita delle mani con delle funi fino a farle sanguinare.
« Serrò la camera a chiave e dopo serrata mi buttò su la sponda del letto dandomi con una mano sul petto, mi mise un ginocchio fra le cosce ch’io
non potessi serrarle et alzatomi li panni, che ci fece grandissima fatiga per alzarmeli, mi mise una mano con un fazzoletto alla gola et alla bocca
acciò non gridassi e le mani quali prima mi teneva con l’altra mano mi le lasciò, havendo esso prima messo tutti doi li ginocchi tra le mie gambe et appuntendomi il membro alla natura cominciò a spingere e lo mise dentro.
E li sgraffignai il viso e li strappai li capelli et avanti che lo mettesse dentro anco gli detti una stretta al membro che gli ne levai anco un pezzo di carne »
(Eva Menzio (a cura di), Artemisia Gentileschi, Lettere precedute da Atti di un processo di stupro, Milano, 2004)
(Eva Menzio (a cura di), Artemisia Gentileschi, Lettere precedute da Atti di un processo di stupro, Milano, 2004)
Dopo il processo il padre riesce a combinare un matrimonio per la figlia con Pierantonio Stiattesi, pittore fiorentino, che determina il trasferimento a Firenze e una nuova stagione, definitivamente da “solista” per Artemisia. A Firenze nasce la prima figlia e viene accolta, contrariamente al marito, presso l’Accademia delle arti del disegno: è la prima donna a ottenere questo prestigioso riconoscimento. Ottiene importanti commissioni dalle famiglie fiorentine, compresa la famiglia dei Medici, stringe amicizia con Galileo Galilei che nutre per lei grande stima, e con Michelangelo Buonarroti il giovane, il quale le commissiona una tela per celebrare il suo illustre antenato e intrattiene con lei una corrispondenza, che lei assolve avendo da poco imparato a scrivere.
Di questo periodo fanno parte la Conversione della Maddalena e la Giuditta con la sua ancella di Palazzo Pitti ed una seconda versione della Giuditta che decapita Oloferne, conservata agli Uffizi.
Nel 1621 va a Genova per un breve periodo, poi torna a Roma come donna indipendente, allontanandosi definitivamente dal marito, e portando con sé la figlia Palmira.
Nel 1621 va a Genova per un breve periodo, poi torna a Roma come donna indipendente, allontanandosi definitivamente dal marito, e portando con sé la figlia Palmira.
Dopo Roma è a Venezia, e probabilmente vi soggiorna tra il 1627 e il 1630, alla ricerca di nuove commissioni. Successivamente approda a Napoli, e lì rimane definitivamente, se si esclude una breve parentesi inglese a Londra, dove raggiunge il padre per assisterlo fino alla sua morte. È quella l’occasione per collaborare artisticamente con lui, dopo tanti anni di distanza.
Nel 1642, con lo scoppiare della guerra civile, Artemisia lascia l’Inghilterra e, dopo altri spostamenti di cui si ha scarsa conoscenza, torna a Napoli dove muore nel 1653.
Nel 1642, con lo scoppiare della guerra civile, Artemisia lascia l’Inghilterra e, dopo altri spostamenti di cui si ha scarsa conoscenza, torna a Napoli dove muore nel 1653.
La forza artistica di Artemisia sta anche nel aver deciso di andare oltre il genere della peinture de femme (nature morte, paesaggi, ritratti) sulle quali altre donne dell’epoca si erano avventurate. Artemisia, abbracciando completamente la lezione caravaggesca ed esplorando anche toni e atmosfere più intime nella concezione della scena, descrive le forme e i colori, nella predilezione di un taglio ravvicinato che drammatizza il rapporto con lo spettatore, nell’abbandono di moduli iconografici convenzionali.
Quindi si fa forse torto alla sua opera se la si considera solo come riscatto o sublimazione dalle violenze subite, poiché nella sua completezza, essa esprime una potenza e varietà poetica che vanno oltre la sua vicenda biografica.”
“Ammiro la tua bellezza, e sono sotto di essa… È qui la forza dei quadri della Gentileschi:
nel capovolgimento brusco dei ruoli.
Una nuova ideologia vi si sovrappone, che noi moderni leggiamo chiaramente:
la rivendicazione femminile.” Roland Barthes
Fonti:
Anna Banti, Artemisia, Milano, Bompiani 1989
Susan Vreeland, La passione di Artemisia, 2003
Wikipedia
Anna Banti, Artemisia, Milano, Bompiani 1989
Susan Vreeland, La passione di Artemisia, 2003
Wikipedia
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